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Verso il lavoro ibrido: l’evoluzione dello smart working

lavoro ibrido e smart working
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Il lavoro ibrido sta diventando il new normal. Lo dicono i numeri e le proiezioni che si stanno elaborando per il prossimo futuro. A cosa porterà questa evoluzione dello smart working? Sarà una svolta epocale verso un nuovo modello oppure una misura destinata, a fine emergenza, a tornare nel cassetto?

Che sia ancora considerata un’emergenza oppure un fenomeno endemico, è un dato di fatto che la pandemia da Covid-19 ci ha accompagnato anche nel passaggio al nuovo anno.
Inevitabile, quindi, parlare delle conseguenze che il protrarsi di questa situazione ha portato in ambito lavorativo.

I numeri

Partiamo dai dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, che già a marzo 2021 rilevava un incremento sostanzioso del numero degli smart worker rispetto all’anno precedente: oltre 5 milioni di lavoratori, distribuiti fra grandi imprese, PMI, micro-imprese e PA, hanno adottato questo nuovo modo di lavorare.
Non così nuovo, a dire il vero, considerato che sono ormai trascorsi due anni dall’inizio dell’emergenza sanitaria globale ed il lavoro da remoto, da misura straordinaria, è diventato una “prassi comune”.

L’Osservatorio, inoltre, sottolinea come ci sia stata una lieve flessione del lavoro da remoto, nei periodi in cui la diffusione dei contagi mostrava una decrescita, ma che comunque lo smart working ha continuato ad essere una forma di operatività molto diffusa, per le organizzazioni che possono adottarla.
Non dimentichiamo, infatti, che quando si parla di lavoro da remoto, si deve considerare che non tutte le attività possono utilizzarlo.

Il lavoro ibrido come evoluzione dello smart working

Ciò su cui le imprese hanno lavorato in questo periodo, dal punto di vista organizzativo, è un modello di lavoro ibrido.
Modulato sulle specifiche esigenze di ogni azienda, lo smart working si sta, infatti, comunemente indirizzando verso una formula che prevede un mix fra presenza in sede e lavoro da remoto. Mediamente, da due a tre giorni alla settimana.

…la previsione per il futuro è che saranno almeno 4,38 milioni i lavoratori che almeno in parte opereranno da remoto, con un +8%. Di questi, 2,03 milioni saranno nelle grandi imprese, 700 mila nelle PMI, 970 mila nelle microimprese e 680 mila nella PA. In particolare, lo smart working rimarrà o verrà introdotto nell’89% delle grandi aziende, con progetti sia strutturati che informali, nel 62% delle PA, con prevalenza di iniziative strutturate, e nel 35% delle PMI, con maggioranza di un approccio informale.

Dei benefici, ma anche degli effetti negativi, dello smart working abbiamo già parlato: maggiore produttività e benessere dei lavoratori, grazie ad un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, ma anche tecnostress, overworking e peggioramento delle relazioni fra colleghi.

Lo smart working in Italia

Lo smart working, in Italia, continua a procedere a due velocità: da una parte l’impresa privata, che sta puntando al lavoro ibrido per cogliere i benefici, in termini di costi e di eco-sostenibilità, di questo nuovo modello, sia per l’organizzazione che per i dipendenti.

Dall’altra, continua ad esserci un ostacolo di tipo culturale, dovuto alla mancanza di fiducia in un modello di lavoro basato su obiettivi, che sta riportando indietro diverse realtà al pre-pandemia.
È il caso, ad esempio, della Pubblica Amministrazione.
Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working, sottolinea come questo arretramento sia in contrasto con quegli obiettivi di digitalizzazione e sostenibilità che sono, fra l’altro, tra i punti chiave degli investimenti del PNRR.

Il successo del modello ibrido dipende da quanto le aziende saranno in grado di rimodellare i loro processi e dotarsi delle tecnologie a supporto del cambiamento, ma anche dai lavoratori, ai quali viene richiesto un investimento equivalente, in termini di risorse intellettuali, per formarsi sulle nuove competenze richieste.

INNOVATION FABRIC

Il nostro ruolo a fianco dei clienti è, pertanto, duplice.
Da un lato, attraverso la consulenza, ci impegniamo a guidare le aziende nel loro percorso di innovazione, per aiutarle a “pensare digitale”. Questo si traduce, concretamente, nella riorganizzazione dei processi e dei ruoli, privilegiando collaborazione e condivisione. La scelta delle tecnologie abilitanti i nuovi processi sono, quindi, a valle di questa fase di revisione.

Dall’altro, ci occupiamo di agevolare i dipendenti ed il management nell’affrontare il cambiamento attraverso la formazione, che è da sempre parte integrante di tutti i servizi che implementiamo. Lo sviluppo di nuove competenze è, infatti, alla base della digital transformation e per realizzarla al meglio sappiamo che l’engagement delle persone è fondamentale.
Se anche tu ritieni che per essere digital non è sufficiente investire in tecnologie, ma occorre costruire un percorso graduale ed in linea con gli effettivi bisogni della tua organizzazione, puoi contattarci compilando il form.

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